Il Laboratorio Pedagogico Diocesano (LPD) è nato per iniziativa di alcuni Uffici Pastorali della Diocesi di Palermo, di associazioni professionali, movimenti e comunità ecclesiali.
L’obiettivo del LPD è duplice.
Le cause possono essere tante: l’accelerazione dei cambiamenti socio-culturali, l’emergere di nuovi problemi etici legati alle possibilità offerte dalla tecnologia che chiedono una soluzione, il disorientamento del mondo degli adulti che non riescono più a costituire per le giovani generazioni modelli credibili, l’invasione dello spazio educativo da parte di proposte informali ma efficaci che fanno una concorrenza impari alle vie tradizionali formali e non formali di educazione dei giovani.
Il LPD in questo contesto vorrebbe offrire uno spazio di discussione, di riflessione, di orientamento pedagogico. Si tratta di comprendere cosa deve essere tramandato e cosa invece fa parte del passato e che, per quanto carico di riferimenti simbolici ed affettivi per gli adulti, è storicamente segnato. Si tratta anche di riflettere sulle strategie possibili e su quelle sconsigliabili.
Occorre ripensare una pedagogia in positivo per tempi nuovi e difficilmente decifrabili. Non serve censurare comportamenti giudicati autodistruttivi. Occorre innanzitutto comprendere e valorizzare tutto ciò che è possibile valorizzare, sfrondare e ridurre all’essenziale i valori da tramandare. Occorre discernere tra i comportamenti e i valori, che una generazione ritiene irrinunciabili, quelli che effettivamente lo sono e quelli che, invece, sono deperibili, legati ad un tempo e ad una cultura determinate, a contesti sociali tramontati.
Poiché il disorientamento giovanile è lo specchio del disorientamento degli adulti, ogni intervento educativo passa attraverso una ri-motivazione del mondo adulto, attraverso il recupero del desiderio di vivere bene dell’educatore, che diventa desiderio di educare a vivere bene. Ogni opera e-ducativa deve partire dalla fiducia nel fatto che, nella persona a noi affidata, il desiderio di vivere bene sia una risorsa innata, da portare alla luce. Solo la fiducia in un dinamismo positivo verso il bene e la verità, patrimonio di ogni uomo che nasce, può dare il coraggio di educare, la speranza che lo sforzo educativo potrà avere esito felice.
L’ispirazione del LPD è chiaramente evangelica. Crediamo che ci sia una “buona notizia” per gli educatori: sotto qualunque latitudine e in qualunque contesto storico c’è nell’uomo desiderio di bene, di verità, di giustizia, di bellezza anche se a volte schiacciato da abitudini e modelli di vita segnati dalla violenza, dalla prevaricazione, dalla ingiustizia fatta e subita, da condizioni di povertà sia di risorse materiali che di umanità. Ispirazione evangelica non significa che il laboratorio si rivolge solo ai credenti. L’ispirazione evangelica è anche una risorsa antropologica messa a disposizione della cultura pedagogica e uno stimolo per tutti a sperare e credere nell’opera educativa.
2. Il secondo obiettivo riguarda, invece, la comunità ecclesiale di Palermo. Il LPD vorrebbe costituire una occasione di sinergia per tutti i soggetti ecclesiali a vario titolo impegnati in un lavoro educativo. D’altronde l’opera educativa sotto gli aspetti formale, non formale, informale avviene sempre in contesti concreti che vedono la concorrenza di più soggetti educanti. Dal punto di vista pastorale si sottolinea da molto tempo che non esistono pastorali specializzate, che la pastorale è sempre una pastorale di ambiente. Di fatto è solo con grande fatica che si comincia a camminare nella direzione della collaborazione e della sinergia. Il LPD vorrebbe portare un contributo nella direzione delle buone pratiche.
Al suo quinto anno.
I seminari proposti sono stati intitolati: “Il coraggio di educare”.
Non si tratta di conferenze ma di veri e propri semi di discussione che una voce femminile ed una maschile propongono di volta in volta.
Il primo anno il tema dominante è stata la “cura”. Ci è sembrato che la parola “cura” potesse racchiudere un progetto educativo comprensivo, una guida verso quella che viene definita “antropologia compiuta”, un’allusione a quella “civiltà della tenerezza” da più parti invocata. Abbiamo articolato l’educare all’“aver cura” in tre momenti tra di loro intimamente connessi: insegnare ad aver cura di se stessi, degli altri, di Dio. “Aver cura” significa avere consapevolezza di se stessi, assumersi la responsabilità di qualcosa o qualcuno, vivere uno stile di attenzione al bene e alla sua fragilità, sentire la vita come attraversata dai due assi orizzontale e verticale.
Il secondo anno è stato oggetto di attenzione il tema della comunicazione: le parole della comunicazione, comunicazione e pluralismo culturale, insegnare a comunicare in famiglia a scuola.
Il terzo anno il tema è stato: Educare alla cittadinanza. L’educazione alla cittadinanza è obiettivo fondamentale della educazione scolastica. Si tratta di educare i nostri figli a diventare costruttori di comunità politiche e sociali, di imparare ad abitare questo mondo, di avere consapevolezza delle relazioni che ci formano e attraverso le quali creiamo ambienti che formano.
Il quarto anno abbiamo voluto rispondere alla cultura della esclusione con tre seminari dal titolo: Educare a non aver paura (…dell’altro); che significa, però, anche educare ad aver paura di chi può “togliere l’anima” ai nostri figli.
Quest’anno abbiamo voluto dedicare tre seminari alla comprensione degli Orientamenti pastorali per il decennio 2010-2020: educare alla vita buona del vangelo della CEI.